Lampugnale (Piccola Industria): una visione d’insieme per le PMI

Lampugnale (Piccola Industria): una visione d’insieme per le PMI

Disegno di legge annuale sulle PMI: digitalizzazione imprese, semplificazioni IRES premiale, potenziamento Fondo di Garanzia, credito d’imposta per l’emissione di bond. Intervista a Pasquale Lampugnale, Vice Presidente Piccola Industria Confindustria.

«Sostenere la competitività delle PMI attraverso un percorso strutturale e misure specifiche, con incentivi automatici e che non comportino obblighi informativi eccessivi. Potenziare la transizione tecnologica e digitale, perchè a nostro avviso si punta troppo sui temi della sostenibilità, dando per scontato che la transizione digitale nelle PMI sia già avvenuta. Invece noi riteniamo che il percorso sia ancora in evoluzione».  Pasquale Lampugnale, Vice Presidente nazionale di Piccola Industria, sintetizza così le richieste dell’associazione confindustriale al decisore politico in vista del passaggio parlamentare del primo disegno di legge sulle piccole e medie imprese.

Una disposizione che tendenzialmente le imprese accolgono con favore, soprattutto perché ritengono importante dare seguito alle previsioni dello statuto delle imprese, ovvero una legge del 2011 nella quale è previsto che annualmente venga predisposto un ddl sulle piccole e medie imprese. Ma che ritengono vada perfezionata.

Lampugnale insiste sul rafforzamento patrimoniale delle imprese, sul potenziamento del Fondo di Garanzia, in generale sui temi legati all’accesso al credito. Ma soprattutto ritiene che sia necessario continuare sulla strada intrapresa ormai dieci anni or sono con Industria 4.0, superando le criticità che indubbiamente hanno caratterizzato il successivo piano di incentivi 5.0. «I dati sulla produttività delle imprese, comprese quelle fra i 20 e i 49 dipendenti, indicano che fra il 2017 e il 2021 siamo cresciuti più di Francia, Germania e Spagna». Il riferimento sono i dati Eurostat sull’incremento di produttività fra il 2017 e il 2021, che in termini di valore aggiunto dell’industria per ore lavorate è cresciuto in Italia del 5,9%, contro 4,9% della Germania, l’1,4% della Francia, e il risultato negativo della Spagna. «Evidentemente è successo perché il Piano 4.0 ha funzionato bene. Poi, non ha invece funzionato la staffetta con il piano 5.0», rileva Lampugnale.

Incentivi per trasformazione digitale e intelligenza artificiale

Attenzione: non c’è una contrarietà di fondo nei confronti di questo piano. «Riteniamo corretti gli obiettivi di sostenibilità che sono alla base di Transizione 5.0. Ma il fatto è che, nonostante un plafond importante, pari a 6,3 miliardi di euro di stanziamenti, il Piano non sta andando bene. Negli ultimi mesi, grazie alle semplificazioni apportate recentemente, anche con la manovra 2025, la situazione è un po’ migliorata. Ma l’orizzonte temporale ormai è breve, e in definitiva non possiamo dire che l’incentivo abbia funzionato. Anche le grandi aziende dichiarano difficilissimo l’accesso a questa misura».

Ora c’è una nuova sfida legata alla trasformazione tecnologica, l’intelligenza artificiale. «Le PMI hanno una produttività più bassa delle grandi aziende, la digitalizzazione e l’adozione di modelli di AI possono rappresentare un volano per efficienza, organizzazione e produttività». Quindi, la prima richiesta è quella di tornare a un sistema di incentivi che sia semplice da utilizzare e che stimoli la transizione digitale.

Semplificazioni IRES premiale

Una misura che piace a Piccola Industria Confindustria è l’IRES premiale per le imprese. «Uno strumento che, se rafforzato, può dare un contributo importante. E’ già stata inserita nella Legge di Bilancio, chiediamo di renderla strutturale e di semplificarla». La disposizione in manovra prevede per il solo 2025 una riduzione dell’aliquota dal 24 al 20% per le imprese che reinvestono in azienda almeno l’80% degli utili e ne destinano almeno una parte all’acquisto di macchinari e software 4.0 o 5.0. Una disposizione quindi che da una parte stimola il rafforzamento patrimoniale delle imprese, dall’altra va sempre nella direzione di promuoverne la digitalizzazione.

Misure per l’accesso al credito

Un altro tema centrale della legge sulle PMI è l’accesso al credito, con misure per riformare i Confidi (c’è una delega al Governo) e di potenziamento del Fondo di Garanzia. Su quest’ultimo punto Lampugnale insiste particolarmente: «Sul Fondo di Garanzia chiediamo una riforma per rendere strutturale l’attuale meccanismo, quindi importo massimo garantito pari a 5 milioni di euro, con una copertura dell’80% sugli investimenti e del 50% sulle operazioni concesse per il finanziamento di esigenze di liquidità. Un rafforzamento delle garanzie sulle operazioni di finanza complementare. E un credito d’imposta per le spese legate all’emissione dei bond».

Quest’ultima proposta prende come riferimento l’incentivo per la quotazione delle PMI, il credito d’imposta sulle spese di consulenza per la quotazione. «Il percorso di emissione dei bond è oneroso per le imprese, richiede spese legali, consulenza, certificazioni. Pensiamo quindi a un credito d’imposta per le spese di consulenza, sull’esempio del bonus quotazione PMI, utile anche a promuovere la cultura della finanza complementare».

Durante l’audizione al Senato sulla legge annuale per le PMI, Lampugnale ha espresso un parere positivo di massima sulla delega al Governo per la riforma dei Confidi, formulando tuttavia su questo punto alcune richieste specifiche: intervenire sin da subito, dunque fuori dalla legge delega, per revisionare la soglia minima di 150 milioni di euro di volume di attività, e ampliare l’operatività dei Confidi. «Ma noi lavoriamo molto con il mondo bancario, e quindi vediamo nel Fondo di Garanzia lo strumento su cui intervenire prioritariamente».

Le altre misure del ddl PMI

Il rafforzamento patrimoniale e l’accesso al credito sono, fra i temi inseriti nel ddl PMI, quelli più urgenti da affrontare secondo Piccola Industria Confindustria, che considera positivamente anche le misure per le reti d’impresa. «Rappresentano uno strumento per aggregare imprese e per crescere, in termini dimensionali quindi anche organizzativi, culturali e manageriali. Le aziende mantengono autonomia e identità giuridica, ed entrano in un contenitore che trasferisce know-how, competenze, visione. Abbiamo presentato alcune richieste per stimolare le Reti d’impresa, chiedendo sia di aumentare i finanziamenti, sia di alzare il tetto della debucibilità degli utili».

Bene le semplificazioni sulla sicurezza sul lavoro, sullo smart working, sulla formazione in cassa integrazione, mentre in materia di Garante per le PMI le imprese chiedono un tavolo permanente al ministero delle Imprese e del Made in Italy per condividere fra associazioni di categoria esigenze, priorità e opportunità da cogliere.

Ma il punto fondamentale della posizione espressa da Lampugnale è che «serve una visione d’insieme, e questo significa introdurre capitoli nuovi».

Lo scenario macroeconomico e la guerra commerciale

Questa prima legge annuale sulle PMI si inserisce in uno scenario macroeconomico a dir poco complesso e di conseguenza non semplice da affrontare per le imprese. «Abbiamo il calo della produzione industriale, gli investimenti che si riducono, una situazione geopolitica complessa, il caro energia. E soprattutto i dazi, che mettono in difficoltà l’export».

La guerra commerciale scatenata dai dazi USA deve comunque rappresentare un’ulteriore leva per le imprese a rivedere i mercati di destinazione. Per Lampugnale, imprenditore siderurgico: «Se pensiamo all’acciaio, noi, dopo i primi dazi del 2018, abbiamo ridotto molto la percentuale di export negli Usa. Oggi siamo quindi più al sicuro, perché la produzione di acciaio che viene esportata negli Usa è molto bassa». L’acciaio rappresenta un indicativo esempio proprio perché soggetto ai dazi in ingresso negli Stati Uniti anche nella prima amministrazione Trump. Il risultato è che le esportazioni italiane verso gli Usa, dal 2018 a oggi, si sono ridotte da 600mila a 200mila tonnellate annue. Il problema è che i dazi USA rischiano di impattare fortemente anche sul mercato interno europeo. «I dazi potrebbero determinare un riorientamento di prodotto cinese verso l’Europa, con il rischio di far scendere i prezzi e creare un nuovo problema a un settore che è una commodity. Fra l’altro, dall’anno prossimo avremo anche un onere in più con il Cbam».

Il riferimento è al meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, che obbliga le imprese ad acquistare certificati per compensare le emissioni di carbonio. «E’ una sorta di nuova tassa. Noi produciamo 130 milioni di tonnellate di acciaio a livello europeo, 20 milioni a livello nazionale. La Cina arriva al miliardo. E abbiamo mille regole, malgrado l’acciaio italiano sia campione di economia circolare. Per l’85 per cento è prodotto da forno elettrico, da rottame, quindi materiale riciclato. Questi oneri comprimono la capacità competitiva delle imprese».

Di seguito link all’articolo:

https://www.pmi.it/economia/mercati/474467/dd-pmi-intervista-piccola-industria.html

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