L’intervista del Il Riformista al Ceo di Sidersan Pasquale Lampugnale

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L’impatto del 230 miliardi di euro stanziati dal Piano di ripresa e resilienza e la loro possibilità di incidere sulla ripresa dell’economia italiana dipenderanno dalla capacità del nostro paese di realizzare subito e bene le riforme indicate dall’Ue come accompagnamento al PNRR. A lanciare il monito, in questa conversazione con “Il Riformista” è Pasquale Lampugnale, presidente di Piccola industria Confindustria Campania, che spiega il suo punto di vista sulla fase post-lockdown del sistema produttivo italiano.

“Il PNRR – afferma il numero uno delle Pmi campane, categoria che rappresenta il 98 per cento del numero totale di imprese della regione – mette a disposizione del nostro Paese circa 230 miliardi di euro per un ampio ventaglio di attività, dalla digitalizzazione, innovazione e competitività alla cultura e turismo, transizione ecologica, infrastrutture e mobilità sostenibile, fino a istruzione e ricerca, coesione e inclusione, salute. Ad accompagnare il piano di ripresa e resilienza c’è poi un piano di riforme che l’Italia deve realizzare su temi come burocrazia, Pubblica amministrazione, fisco, lavoro e giustizia. Temi – prosegue Lampugnale – sui quali il nostro Paese è da troppo tempo fermo e che le imprese rivendicano essere fra i principali ostacoli alla nostra competitività. Temi per i quali è necessario un deciso cambio di marcia, le riforme appunto, se ci si vuole mettere al passo degli altri Paesi. Ora che i soldi ci sono, e anche tanti perché parliamo di 230 miliardi di euro, e con essi ci sono anche i progetti, dobbiamo evitare che le riforme restino al palo e i soldi siano impiegati con i metodi e le procedure lente e inefficienti utilizzati finora. Proprio per questa ragione bisogna comprendere che le riforme hanno un ruolo propedeutico, e cioè di premessa necessaria piuttosto che complementare al Piano di ripresa e resilienza. Bisogna quindi prima realizzare le riforme, e solo dopo aver ‘svecchiato’ la macchina e creato nuovi percorsi funzionali e virtuosi all’interno dei quali impiegare bene le risorse, potremo investire bene i fondi e averne un effetto positivo. Altrimenti il rischio è quello di mettere un grande tesoro in una ‘pentola bucata’ facendo così non solo utilizzare male le risorse ma addirittura aumentando il gap esistente e il debito che grava sulle nostre spalle. Di riforme, in fondo parliamo tutti da decenni, siamo sempre ogni volta tutti d’accordo sulla necessità di implementarle ma alla fine non si va mai fino in fondo”.

Cosa fare quindi? “La giustizia – spiega Lampugnale – deve affrontare i nodi strutturali del processo civile e penale. E la Pubblica amministrazione deve riorganizzare assunzioni e concorsi, rafforzare le competenze, andare avanti con digitalizzazione, semplificazione delle norme in materia di appalti pubblici e abolizione delle regole che non aiutano la concorrenza. C’è poi la nota dolente della burocrazia, termine concettualmente positivo nato con l’obiettivo di tutelare i cittadini, che però a causa di troppe distorsioni è diventata uno dei problemi principali per le imprese italiane tanto da costare loro ogni anno ben 30 miliardi di euro. L’Italia è molto indietro nelle classifiche mondiali per funzionamento complessivo della burocrazia e tempi necessari per avviare pratiche edilizie, attività imprenditoriali, ottenimento di credito bancario e risoluzione di controversie legali in materia contrattuale. Per onorare i propri obblighi con il fisco le imprese italiane impiegano 30 giorni lavorativi e in troppi casi bisogna attendere più di un anno specifiche necessarie autorizzazioni ministeriali. Ecco perché – conclude il numero uno di Piccola industria Confindustria Campania – il tema delle riforme è non solo fondamentale e necessario, ma addirittura propedeutico all’attuazione del PNRR. Non ha senso parlare di soldi se non prepari bene dove, come e con quali regole andrai a spenderli. Senza riforme non saremo capaci di recuperare competitività, perderemo una grande occasione di modernizzare il Paese e finiremo con l’aumentare i divari territoriali”.

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